Sappiamo davvero cos'è la plastica?

Sappiamo davvero cos'è la plastica?

01/10/2021
Un polimero, organico e sintetico: semplice a dirsi ma… facciamo chiarezza e capiamo insieme che cos’è la plastica e come nasce!

Cos’è la plastica

Così sempre presente, davanti ai nostri occhi, da sembrare di conoscerla alla perfezione! E se in alcuni casi riconoscerla è molto facile, in altri la risposta non sembra essere così scontata. Per esempio, sapete di cosa sono fatte le lenti degli occhiali da vista e da sole? Se avete detto “in vetro”, la risposta non è sbagliata, ma inesatta: lo erano, in vetro, in passato, poi fortunatamente questo materiale è stato sostituito dalla plastica, che ha reso gli occhiali molto più leggeri, comodi da indossare e persino sicuri in caso di incidente (e proprio la leggerezza della plastica è una delle qualità evidenziate dal nostro ciclista del video che segue!).

La plastica: un valore inestimabile

Attualmente esistono centinaia di plastiche, dedicate anche a scopi specifici, e questo perché si tratta di un materiale che si può ingegnerizzare, ovvero: costruire secondo le proprie esigenze. E se questo riporta subito alla mente le immagini di oceani inquinati, tartarughe o pesci soffocati, isole galleggianti di plastica, non dobbiamo affatto demonizzare questo materiale; piuttosto, dobbiamo riconoscere la responsabilità delle nostre (sbagliate) azioni, in tutto questo. O più precisamente, delle nostre NON azioni.

 

La plastica non deve essere abbandonata! | Foto by Brian Yurasits on Unsplash
La plastica non deve essere abbandonata! | Foto by Brian Yurasits on Unsplash
È il NON raccogliere e riciclare correttamente la plastica che ha portato a questi terribili scenari! 

Ricordiamoci, infatti, che la storia della plastica ci insegna in realtà che questo materiale è nato proprio col nobile intento di proteggerlo, l’ambiente, sostituendo l’ebano, il corallo, il guscio di tartaruga, o materiali la cui lavorazione richiedeva un grande dispendio di energia.

Il ricorso alla plastica, poi, permette per esempio di contenere il peso delle automobili, riducendo di conseguenza il consumo di carburante.

Non solo: in campo medico gli usi della plastica sono davvero tantissimi! Guanti, camici, cuffie e mascherine (queste ultime ormai così familiari anche a noi), fino ad arrivare al rene artificiale o alla valvola cardiaca: in questi casi, si può proprio dire che la plastica può salvare la vita.

Il polimero

Dunque, per tornare alla domanda iniziale: che cos’è la plastica, questo materiale in grado addirittura di salvarci la vita? Il termine “plastica” significa letteralmente “sostanza in grado di acquisire e conservare qualsiasi forma”. Dunque, è una delle sue caratteristiche principali, quella della malleabilità, ad averle attribuito il nome. La plastica, o meglio, tutte le plastiche sono composti organici, ossia composti complessi del carbonio; contengono principalmente carbonio e idrogeno, e, a seconda del tipo considerato, anche ossigeno, cloro, azoto o fluoro.

Ciò che tutte queste sostanze diverse hanno in comune è l'essere dei polimeri, cioè le loro molecole sono formate dalla ripetizione di piccole unità fondamentali.  Immaginate tanti anelli legati tra loro, proprio come una ghirlanda natalizia: ogni anello prende il nome di unità ripetitiva o unità base, o ancora monomero: un esempio nel macromondo potrebbe essere una collana di perle!

Per visualizzarlo ancora meglio, provate a prendere tante graffette, e a incastrarle tra loro per formare una lunga catena: ecco davanti ai vostri occhi una riproduzione di un polimero. Dalla catena dei polimeri si crea poi la resina sintetica, una pasta molle a cui si aggiungono coloranti e altre sostanze che servono a dare le caratteristiche desiderate. Questa pasta, poi, trasformata in granuli e polveri, viene inviata alle fabbriche che si occuperanno di produrre i vari oggetti in plastica. Ma facciamo un passo indietro, e soffermiamoci sui monomeri. Grazie alla tecnologia possiamo decidere l'ordine esatto dei monomeri nella catena, e modificarlo come si vuole: otterremo così polimeri con caratteristiche anche completamente diverse tra loro. Una plastica può infatti essere rigida, o morbida, o addirittura presentarsi sottoforma di tessuto (come gli abiti sportivi!). Ottenere questa diversa consistenza dipende dal calore; torniamo infatti alla nostra catena di monomeri, e riscaldiamola: grazie all’energia termica fornita sottoforma di calore, le  catene di monomeri diventano libere di scorrere le une sulle altre, permettendoci di estruderle per farne una fibra tessile, un tubo o un sacchetto, o di iniettarle in uno stampo per dare loro qualsiasi forma tridimensionale.  Una volta raffreddate, manterranno la forma che è stata data loro. Alcune plastiche, poi, possono essere fuse e rimodellate all’infinito, e sono definite termoplastiche: le bottiglie dell’acqua che beviamo, per esempio, che sono in PET, vengono rifuse per diventare ogni volta nuove bottiglie, oppure degli oggetti diversi. Ebbene sì: il maglione di pile che indossate in montagna o quando fa fresco la sera, potrebbe essere il risultato di tante bottiglie dell’acqua fuse! Altre plastiche, che invece non possono più essere rilavorate attraverso il riscaldamento, sono dette termoindurenti. In questo caso, il processo che dà loro forma è definitivo.

Torniamo alla nostra speciale collana di perle

Ma come fanno i monomeri a rimanere uniti tra loro, per formare la complessa struttura del polimero desiderato?

Riprendendo l’esempio della nostra collana, ogni perla che la compone è unita alle altre grazie a un legame chimico, e in molti polimeri questi legami sono reversibili. In opportune condizioni è possibile rompere i legami chimici tra i monomeri: la catena si depolimerizza, cioè si spezza, liberando le unità che la compongono, che possono essere recuperate e riutilizzate per produrre nuovi polimeri attraverso il processo inverso, quello di polimerizzazione. Durante la polimerizzazione i monomeri reagiscono tra loro per formare le catene polimeriche, come le graffette che vengono aggiunte una all’altra fino a formare una lunga catena.

3 diversi polimeri

Esistono 3 tipologie di polimeri al mondo:

  1. I polimeri naturali: sono prodotti direttamente dalla natura e subito pronti all’uso o, in alcuni casi, vengono estratti dalla pianta che li produce per poter ottenere il materiale puro. Esempi di polimeri naturali sono: il cotone, la seta, l’amido delle patate, il caucciù, ma anche il DNA;
  2. polimeri artificiali: sono polimeri naturali ma modificati dall’uomo al fine di modificarne le caratteristiche e renderli utilizzabili per scopi diversi da quelli per cui la natura li ha creati. Esempi di polimeri artificiali sono: la celluloide (cellulosa estratta dal cotone e fatta reagire con sostanze che conferiscono qualità diverse) e la gomma naturale (ottenuta dal caucciù vulcanizzato);
  3. polimeri sintetici: non esistono in natura e vengono sintetizzati ex novo dall’uomo, ottenendoli dal petrolio o dal gas naturale. Solo il 4-6% di tutto il petrolio lavorato viene utilizzato per realizzare i polimeri, tutto il resto è per altri scopi (carburante, solventi, olio lubrificante, bitumi, ecc.). Esempio di polimero sintetico è appunto la plastica, nello specifico: il polietilene, il polipropilene, il PET, il polistirolo, il policarbonato, il PVC, le poliammidi… la lista potrebbe essere lunghissima! 

Ultimamente si sta affermando una nuova categoria di polimeri: si tratta dei biopolimeri, più conosciuti come le bioplastiche, ottenuti da fonti rinnovabili. Ne è un esempio l’acido polilattico (PLA), ottenuto dalla canna da zucchero! Anche alcuni polimeri sintetici come il polipropilene si possono produrre da materie prime naturali in alternativa al petrolio.

Ricapitolando, dunque:

La plastica è costituita da:

  •  POLIMERI, cioè molecole che appaiono come una lunga catena, la cui struttura è formata da tante unità-base (MONOMERI);
  • ORGANICI, ossia le sue molecole sono costituite principalmente da atomi di carbonio;
  • SINTETICI, ovvero creato dall’uomo e non esistenti in natura.

Proprio perché non è un materiale creato dalla natura, la plastica non trova posto negli ecosistemi, e la natura non ha messo a punto meccanismi per la sua trasformazione, come accade, ad esempio, per il legno. La degradazione della plastica nell’ambiente richiede tempi molto lunghi. Se questo è un vantaggio perché molti oggetti in plastica sono pensati per durare tanti anni, come i paraurti delle automobili o le finestre di casa, diventa un problema quando le plastiche, al termine della loro vita utile, vengono abbandonate nell’ambiente anziché essere raccolte per poter essere riciclate.

Un grande problema che riguarda tutti noi.

 

Foto di copertina by Merakist on Unsplash