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Padiglione Expo Italia Osaka 2025

Un evento organizzato da Globe Italia con COREPLA, Conai, Comieco, Cobat e con il Patrocinio del Commissariato generale per la partecipazione italiana a Expo 2025.

Foto tratta dallo spettacolo Magicamente plastica

Sono aperte le prenotazioni per il cartellone scuole del Teatro Carcano di Milano. In programma anche lo spettacolo di edutainment realizzato in collaborazione con COREPLA.

Stand RecoPet per il conferimento di bottiglie in PET al GP Misano

Il motorsport sostenibile torna in pista con KiSS Misano al Misano World Circuit dal 12 al 14 settembre.

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Storia della plastica

Dalla scoperta agli sviluppi più recenti, ripercorri i principali eventi della storia della plastica.

La plastica, materiale considerato recente e “moderno”, racconta una lunga storia. Sin dall’antichità, infatti, l’uomo ha utilizzato dei veri e propri “polimeri naturali”, come l’ambra, il guscio di tartaruga o il corno.

Gli albori

La storia della plastica comincia nel XIX secolo, quando, tra il 1861 e il 1862, l’inglese Alexander Parkes, sviluppando gli studi sul nitrato di cellulosa, isola e brevetta il primo materiale plastico semisintetico, che battezza Parkesine (più nota poi come Xylonite). Si tratta di un primo tipo di celluloide, utilizzato per la produzione di manici e scatole, ma anche di manufatti flessibili come i polsini e i colletti delle camicie.

La prima vera affermazione del nuovo materiale avviene però qualche anno dopo, quando nel 1870 i fratelli americani Hyatt brevettano la formula della celluloide, con l’obiettivo di sostituire il costoso e raro avorio nella produzione delle palle da biliardo, salvo incontrare un immediato successo presso i dentisti quale materiale da impiegarsi per le impronte dentarie. Dal punto di vista chimico, la celluloide era ancora nitrato di cellulosa, inadatto pertanto a essere lavorato con tecniche di stampaggio ad alta temperatura in quanto molto infiammabile. Il problema viene superato con l’avvento del nuovo secolo e la nascita dell’acetato di cellulosa, ovvero la celluloide, che era sufficientemente ignifuga per rinforzare e impermeabilizzare le ali e la fusoliera dei primi aeroplani e per produrre le pellicole cinematografiche.

I primi anni del ‘900

Il secolo della plastica è il ‘900. Nel 1907 il chimico belga Leo Baekeland ottiene per condensazione tra fenolo e formaldeide la prima resina termoindurente di origine sintetica, che brevetterà nel 1910 con il nome di Bakelite. Il nuovo materiale ha un successo travolgente e la Bakelite diviene in breve e per molti anni la materia plastica più diffusa e utilizzata.

Nel 1912 un chimico tedesco, Fritz Klatte, scopre il processo per la produzione del polivinilcloruro (PVC), che avrà grandissimi sviluppi industriali solo molti anni dopo.

Nell’anno successivo, il 1913, è la volta del primo materiale flessibile, trasparente e impermeabile che trova subito applicazione nel campo dell’imballaggio: lo svizzero Jacques Edwin Brandenberger inventa il cellophane, un materiale a base cellulosica prodotto in fogli sottilissimi e flessibili.

Gli anni ‘20, ‘30, ‘40

Con gli anni ‘20 la “plastica” trova anche una rigorosa base teorica. Hermann Staudinger, dell’Università di Friburgo, avvia nel 1920 gli studi sulla struttura e le proprietà dei polimeri naturali e sintetici; propone le formule a catena aperta per i polimeri sintetici dello stirene, della formaldeide e per la gomma naturale, attribuisce le proprietà colloidali degli alti polimeri esclusivamente all’elevato peso delle loro molecole (definite per questo macromolecole).

Gli anni ‘30 e la seconda guerra mondiale segnano il passaggio della “plastica” all’“età adulta”, soprattutto per quanto concerne la creazione di una vera e propria industria moderna: il petrolio diviene materia prima per la produzione e, al contempo, migliorano e si adattano alle produzioni massive le tecniche di lavorazione, a cominciare da quelle di stampaggio.

Nel 1935 Wallace Carothers sintetizza per primo il nylon (poliammide), un materiale che si diffonderà con la guerra al seguito delle truppe americane trovando una quantità di applicazioni, grazie alle sue caratteristiche che lo rendono assolutamente funzionale all’industria tessile: dalle calze da donna ai paracadute, inizia l’ascesa delle “fibre sintetiche”.

La guerra stimola l’esigenza di trovare sostituti a prodotti naturali non reperibili, per cui vengono sviluppati i poliuretani in sostituzione della gomma, soprattutto in Germania, mentre dal 1939 vengono industrializzati i primi copolimeri cloruro-acetato di vinile. Da allora il cloruro polivinile (PVC) servirà, ad esempio, per i dischi fonografici.

Partendo dal lavoro di Carothers, Rex Whinfield e James Tennant Dickson nel 1941 brevettano il polietilene tereftalato (PET), insieme con il loro datore di lavoro, la Calico Printers’ Association di Manchester. Nel dopoguerra questo poliestere conosce un grande successo nella produzione di fibre tessili artificiali (Terylene), settore nel quale è attualmente impiegato (per esempio, è in PET il tessuto noto come pile). Il suo ingresso nel mondo dell’imballaggio alimentare risale al 1973, quando Nathaniel Wyeth (Du Pont) brevettò la bottiglia in PET come contenitore per le bevande gassate. Leggera, resistente agli urti e trasparente, la bottiglia inventata da Wyet è oggi lo standard per il confezionamento delle acque minerali e delle bibite.

Il secondo Dopoguerra

Dopo la guerra, le scoperte dettate da esigenze “militari” invadono il mondo civile. Gli anni ‘50 vedono la scoperta delle resine melammina-formaldeide (il vasto pubblico le conosce sotto la denominazione commerciale di una specifica tra esse, la “fòrmica”), che permettono di produrre laminati per l’arredamento e di stampare stoviglie a basso prezzo, mentre le “fibre sintetiche” (poliestere, nylon) vivono il loro primo boom, alternativa “moderna” e pratica a quelle naturali.

Quegli stessi anni sono segnati dall’irresistibile ascesa del polietilene: solo due decenni dopo la sua invenzione, infatti, trova pieno successo sfruttando l’elevato punto di fusione con applicazioni sino ad allora impensabili. È del 1954 la scoperta del polipropilene isotattico da parte dell’italiano Giulio Natta, a coronamento degli studi sui catalizzatori di polimerizzazione dell’etilene che gli varranno nel 1963 il Premio Nobel insieme al Tedesco Karl Ziegler, che l’anno precedente aveva isolato il polietilene. Il polipropilene sarà prodotto industrialmente dal 1957 col marchio “Moplen”, rivoluzionando le case di tutto il mondo ed entrando nella mitologia italiana del “boom economico”.

Gli anni ‘60

Gli anni ‘60 vedono il definitivo affermarsi della plastica come insostituibile strumento della vita quotidiana e come nuova frontiera anche nel campo della moda, del design e dell’arte. Il “nuovo” materiale irrompe nel quotidiano e nell’immaginario di milioni di persone, nelle cucine, nei salotti, permettendo a masse sempre più vaste di accedere a consumi prima riservati a pochi privilegiati, semplificando un’infinità di gesti quotidiani, colorando le case, rivoluzionando abitudini consolidate da secoli e contribuendo a creare lo stile di vita moderno.

La plastica oggi

I decenni successivi sono quelli della grande crescita tecnologica, della progressiva affermazione per applicazioni sempre più sofisticate e impensabili, grazie allo sviluppo dei cosiddetti “tecnopolimeri”. Il polimetilpentene (o TPX) utilizzato soprattutto per la produzione di articoli per i laboratori clinici, resistente alla sterilizzazione e con una perfetta trasparenza; le poliimmidi, resine termoindurenti che non si alterano se sottoposte per periodi anche molto lunghi a temperature di 300°C e che per questo vengono utilizzate nell’industria automobilistica per componenti del motore o per i forni a microonde; le resine acetaliche, il polifenilene ossido, gli ionomeri, i polisolfoni, il polifenilene solfuro, il polibutilentereftalato, il policarbonato usato, fra l’altro, per produrre i caschi spaziali degli astronauti, le lenti a contatto, gli scudi antiproiettile. I “tecnopolimeri” hanno tali caratteristiche di resistenza sia termica che meccanica (peraltro ancora in parte inesplorate) da renderli spesso superiori ai metalli speciali o alla ceramica, tanto che vengono utilizzati nella produzione di palette per turbine e di altre componenti dei motori degli aviogetti, o nella produzione di pistoni e fasce elastiche per automobili.

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